“Abbiamo cominciato“: il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, annuncia su Facebook che “da stamattina, a quanto apprendo, si è iniziato a svuotare l’hotspot di Pozzallo, dove arriverà il nostro team per esaminare l’idoneità dei locali”. E oggi arriverà in Sicilia anche il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano. Il governatore, che rivendica la competenza regionale sulla salute e si dice pronto a rivolgersi alla magistratura, aveva emesso un’ordinanza che prevedeva lo sgombero degli hotspot e dei centri di accoglienza in tutta l’isola entro la mezzanotte: “I ricorsi notificati a mezzo stampa non producono effetti. Ma alzare la voce, a tutela della salute pubblica,evidentemente sì“. E al suo fianco s’è subito schierato il leader leghista, Matteo Salvini.
Musumeci parla di Covid: “Abbiamo cercato anche di calmare la gente, di colloquiare con i sindaci, ma non si può frenare una condizione di promiscuità che è disarmante, irragionevole. I migranti scappano e nessuno li può recuperare, e creano nella gente, a ragione o a torto, la paura, perché la gente non sa se un giorno rischia di venire a contatto con queste persone, di cui non si sa lo stato di salute”.
Ma il provvedimento della Regione “preoccupa e non appare accettabile dal punto di vista razionale ed evangelico”, dice monsignor Antonio Staglianò, vescovo di Noto e delegato della Conferenza episcopale siciliana per le migrazioni: “Semplifica la complessità dei problemi relativi al Covid, individuando la loro soluzione nella chiusura ai migranti erischiando uno scontro tra istituzioni, che solo può disorientare e accrescere un clima emotivo e superficiale“. Cioè – per monsignor Staglianò – è un “atteggiamento irrazionale attribuire colpe individuando un capro espiatorio, come possono essere i migranti, quando in questo momento il pericolo vero è un movimento incontrollato, e forse poco controllabile, a motivo del turismo e della movida“. Né può essere giustificata l’azione di “alcuni politici”, che tendono a “usare la paura per un facile, immediato, consenso: chi governa deve piuttosto aiutare la comunità a fronteggiare pericoli e paure con senso di grande prudenza e proporre soluzioni ispirate ai grandi valori della nostra Costituzione”.
Intanto è ormai scontro fra Palermo e Roma. Con tanto di ultimatum dato ieri: “Se il governo dovesse impugnare l’ordinanza, faremo valere le nostre ragioni nelle sedi opportune (cioè la magistratura, ndr). Se invece dovesse venire incontro alla nostra legittima richiesta, può chiederci qualche giorno di tempo per ricollocare i migranti e mettere i sigilli a tutti centri di accoglienza della Sicilia. Se non lo fa, lo faremo noi”. Musumeci si era messo insomma in trincea e attaccava: “Il Viminale dice che la competenza non è nostra? Agisca di conseguenza, perché è fuorilegge. Quei luoghi non rispettano le regole e le norme di sicurezza sanitaria”. E ancora: ”Faccio appello al governo centrale perché la smetta di mostrare i muscoli e faccia il proprio. Andremo avanti, consapevoli di essere dalla parte della ragione”. Così il governatore siciliano sfida ancor più apertamente l’esecutivo, giurando di non essere mosso da “nessun pregiudizio di carattere politico”.
Passo indietro, ricapitoliamo. Il presidente della Regione sempre ieri firma un’ordinanza che dispone la chiusura entro ventiquattr’ore dei centri d’accoglienza per migranti in Sicilia, portando via gli stranieri con aerei o navi e blindando l’Isola a qualsiasi tipo di nuovo sbarco. Il Viminale gli fa notare come le disposizioni siano largamente fuori dai poteri d’un presidente di Regione (sugli sbarchi decide lo Stato), tanto meno un governatore può comandare qualcosa ai Prefetti. E già pochi giorni fa l’assessore siciliano alla Sanità aveva “vietato” l’uso di tensostrutture nell’accoglienza dei migranti, perché incompatibili con le norme anticovid.
Il governatore siciliano Musumeci – Ansa
Ieri mattina il governatore era andato giù duro: “Invece di rispondere con atti concreti sull’emergenza immigrazione, il governo trova la soluzione: creiamo campi di concentramento, che chiamano tendopoli in un deposito militare a Vizzini, abbandonato da anni. Tende che ci ricordano luoghi e scene da dimenticare assolutamente”, tuonava Musumeci. Poi sciorinava i numeri, “impressionanti. “soltanto nel mese di luglio sono arrivati 7.067 migranti sulle coste siciliane e per quanto riguarda agosto, fino a ferragosto, siamo a oltre tremila arrivi, mentre lo scorso anno in tutto il mese gli arrivi 1.268″.
Morale? “Tenere quelle persone in quei luoghi, in quei campi di concentramento, è un delitto – tagliava corto Musumeci -. Io sono il soggetto attuatore dell’emergenza Covid e quegli spazi non sono ammissibili: abbiano fatto il nostro dovere, il diritto alla salute è tutelato dalla Costituzione. Non importa se lì dentro ci sono migranti o agenti di commercio, sono persone e non possono stare in quelle condizioni. Ecco il motivo dell’ordinanza: adesso il Viminale agisca“. Garantendo che “non c’è alcuna volontà di scontro con lo Stato o col governo centrale”, ripete Musumeci. Anzi – sostiene – “abbiamo adottato una condotta improntata da grande rispetto e ci aspettiamo lo stesso dal governo”.
E tuttavia già ieri una parola chiara l’aveva detta la diocesi di Palermo, attraverso un lungo comunicato nel quale la Caritas diocesana e l’Ufficio Migrantes esprimono “forte preoccupazione e fermo dissenso” nei confronti dell’ordinanza del presidente della Regione siciliana. “Ciò che preoccupa nel testo del provvedimento, e nelle dichiarazioni rese alla stampa per presentarlo – spiegano – è l’argomentazione solo in apparenza logica ma in realtà deficitaria sul piano razionale, nonché su quello umano ed evangelico. Il disagio, il dolore, la fatica vengono giustamente attribuiti agli abitanti delle nostre isole senza prendere però in considerazione anche lo stato e il destino di migliaia di donne, di bambini e di uomini in fuga dalla fame e dalle guerre, che concludono in Sicilia, in maniera indegna, un lungo esodo in cerca di libertà e di vita buona”.
L’ordinanza, piuttosto, dicono gli organismi della Diocesi di Palermo, “invece sceglie la via dell’ennesima negazione del diritto umano alla mobilità, la via mistificante di una nuova cosciente discriminazione“. Tutti ricordano, aggiungono, “come la Regione Sicilia aveva nei mesi scorsi, per bocca dello stesso presidente, prefigurato misure di controllo severissime per i turisti orientati a trascorrere le loro ferie in Sicilia (trovandosi tra costoro, anche persone provenienti da paesi ad alta diffusione primaria del covid). Di quel che fu preannunziato a maggio finora non si è visto nulla, né si sono messi in atto protocolli di sicurezza volti ad evitare assembramenti o altre forme di pericolosa promiscuità”.
“Ma se coloro che provengono dai Paesi del Nord del mondo, interessati fortemente dal coronavirus, possono muoversi ed entrare liberamente in Sicilia – si chiedono la Caritas diocesana di Palermo e l’Ufficio Migrantes – perché i migranti no? “Al contrario, quanti provengono dai Paesi del Sud del mondo, quanti sono sottoposti giornalmente allo sfruttamento dell’Occidente, quanti hanno ‘ricevuto’ il covid dal Nord del pianeta, come una ennesima piaga, costoro no, non possono muoversi liberamente: rappresentano un pericolo sanitario. I poveri sono dunque pericolosi, devono essere discriminati, mentre proprio il covid ci ha insegnato che di fronte alla malattia siamo tutti uguali, che il virus non distingue i ricchi dai poveri, e si diffonde tra gli uni e tra gli altri, a causa degli uni e a causa degli altri, senza differenze di sorta”.
Così ricordano le parole dell’arcivescovo Corrado Lorefice durante il discorso alla Città del Festino di Santa Rosalia il 14 luglio scorso: “Se il virus non ci ha insegnato che il destino del mondo è uno solo, che ci salveremo o periremo assieme; se la pandemia ci ha resi ancora più pavidi e calcolatori, facendoci credere di poter salvare il nostro posto al sole, siamo degli illusi, dei poveri disperati. Basta con gli stratagemmi internazionali, con i respingimenti, basta con le leggi omicide”.
Con l’ordinanza si trasmette dunque “un messaggio intimamente sbagliato e antropologicamente pericoloso. Intimamente sbagliato, perché si attribuisce ai migranti la responsabilità di una diffusione del contagio che casomai è da attribuire alla mancanza di protocolli e di misure adeguate a tutelare i cittadini dell’Isola e chiunque venga in Sicilia dall’Italia e dall’estero. Antropologicamente pericoloso, perché equipara i poveri agli untori e divide ancora una volta l’umanità in due, inconsapevolmente preparando e non evitando la catastrofe planetaria che verrà da un mondo disunito e disumano. È incredibile – dopo anni di studi e di ricerche sull’invenzione del capro espiatorio quale forma di perversione sociale – come vengano ancor oggi propinate teorie di questo tipo, utili forse demagogicamente sul piano del consenso politico spicciolo ma umanamente ed evangelicamente inaccettabili. “Il Signore – ha affermato ieri papa Francesco all’Angelus – ci chiederà conto di tutti i migranti caduti nei viaggi della speranza. Sono stati vittime della cultura dello scarto“.
Fonte avvenire